Ilenia Pastorelli: «Che sorpresa, essere ai David!»
«Quando al provino m’hanno detto che dovevo piangere, me so’ vista persa. Mica lo sapevo, io, che gli attori scoppiano in lacrime per davvero. Poi però ho pensato: io c’ho il mutuo, le bollette, e te pare che non me faccio un pianterello?». Ilenia Pastorelli è un fenomeno di simpatia, oltre che la sorpresa dell’ultima stagione cinematografica: 30enne romana, concorrente al Grande Fratello 2011, è diventata attrice per caso ma è così perfetta in Lo chiamavano Jeeg Robot da aver ottenuto una candidatura al David di Donatello come migliore attrice.
E stasera, alla cerimonia dei premi, si ritrova in gara con Juliette Binoche e Valeria Golino, Paola Cortellesi e Anna Foglietta. Nel film di Gabriele Mainetti diventato un cult, con Claudio Santamaria nel ruolo del primo supereroe all’italiana, interpreta una ragazza di borgata che, dopo averne passate tante, si è rifugiata nel mondo immaginario dei cartoni giapponesi ed è convinta che un giorno verrà a salvarla l’eroe Jeeg Robot.
Sognava il cinema già ai tempi del talent?
«Ma no, chi ci pensava! È stato lo sceneggiatore Nicola Guaglianone a notarmi: ha scritto la storia nel 2011 e, guardando il Grande Fratello, ha rubato qualche mia espressione in romanesco per il personaggio di Alessia. E lui ha suggerito a al regista di chiamarmi. D’altronde anche al talent ci ero finita per caso».
Non è stata un’idea sua?
«Sì e no. Un giorno ero al mare, mi si avvicina uno e dice: “Vuoi fare un provino?”. E io: “Se vuoi rimorchiare, trova un’altra scusa!”. Invece mi ha portato alle selezioni. Avevo 25 anni, lavoravo otto ore al giorno o di più come rappresentante di abbigliamento. Anni prima mi ero iscritta a Giurisprudenza, poi ho iniziato a fare la modella e ho abbandonato».
Cosa pensava di fare dopo la laurea?
«L’avvocato… Delle cause perse, probabilmente! (Ride)».
Torniamo al Grande Fratello.
«Non immaginavo certo di passarci cinque mesi, dopo poco già mi mancava l’aria. Per farmi sbattere fuori parlavo a ruota libera, ma niente».
Si è inventata cose strane?
«No, sono sempre me stessa al 300 per cento: non so tenermi un cecio in bocca.E lì non riesci a fingere: dovresti essere davvero un’attrice da David di Donatello! (Ride ancora)».
Poi è arrivata la proposta del film. Felice?
«Eccome. Non so come abbia fatto Gabriele Mainetti a darmi fiducia: ha visto in me qualcosa, ancora non riesco a capire cosa però…».
Lei ama il cinema?
«Sono cresciuta coi miei nonni guardando vecchi film, quelli con Marcello Mastroianni e Sophia Loren. Vedere Nella città d’inferno con Anna Magnani mi dà sempre i brividi».
È stato difficile recitare?
«A volte sì. Una cosa sola, forse, mi ha aiutato: ho immaginato immediatamente il film e il personaggio di Alessia. È così poetica: ha una vita triste, ha subìto violenze, eppure sa sorridere e sognare. Per interpretarla ho lavorato con un coach, ho scoperto il metodo Stanislavskij… non per fare polemiche, ma io per piangere ho trovato un metodo mio».
Il “metodo mutuo”?
«Scherzi a parte, quando poi ero davvero in scena, mi sono ricordata un’esperienza dolorosa che avevo quasi dimenticato. È la meraviglia di questo lavoro: trasformare i brutti ricordi in qualcosa di bello».
Non si sente un po’ come per Alessia, che ha trovato il suo eroe?
«Jeeg Robot mi ha fatto scoprire un mestiere, ma devo ancora farne di strada. Però in amore no, il mio eroe non lo trovo. Dovrebbe corteggiarmi, venirmi a prendere, perché sono esigente e all’antica. E poi mica ci si innamora spesso nella vita. Quante volte può succedere, due o tre?».
Valeria Vignale @vavign