Il documentario di Emma Marrone è ora in tv su Prime Video. E la cantante è anche al cinema nel film Il ritorno. In questa intervista parla di sé come attrice e cantante, di sorellanza e di educazione alla salute.
«Non avevo nessuna intenzione di fare il documentario di Emma per elencare i miei dischi di platino o autocelebrarmi. Invece volevo raccontare quella che sono e quello che succede prima e dopo i miei concerti». A parlare è Emma Marrone, protagonista di Sbagliata Ascendente Leone, documentario disponibile da su Prime Video.
Il documentario di Emma
Un racconto intimo ed emozionante della sua vita costellata di grandi successi e altrettanti dolori. In due anni e mezzo di riprese la cantante ha scelto di mettersi a nudo e non raccontare la parte vincente di sé, ma la più vulnerabile e quotidiana. Vediamo le sue crisi di pianto prima e dopo i concerti, le lacrime nel ricordare i traumi vissuti (il tumore e le varie operazioni subite), le risate con gli amici, i pranzi di famiglia, i tuffi in barca, le notti insonni a comporre. Emma che vince Amici e trionfa a Sanremo cede il passo alla Emma che cucina, lava i piatti, passa l’aspirapolvere, apparecchia, sbroglia a fatica collanine, abbraccia con forza i suoi collaboratori, ringrazia Gabriele Muccino per la fiducia.
Il documentario poteva intitolarsi anche Emma, una di noi.
«Proprio così, io sono un’antidiva o se proprio devo esserlo allora voglio essere una diva popolare. La mia vita è fatta di tanto lavoro, ma anche di stress, momenti in cui non ce la faccio più e credo sia importante mostrare anche i lati delicati di noi artisti. Non dobbiamo per forza fare i pagliacci e ripetere che va tutto bene. Non è vero. Con me la vita è stata una grande bastarda, ma non mi focalizzo mai su me stessa. Nonostante il mio dolore infinito trovo sempre il modo di dire che alla fine mi è andata bene».
Non ti sei lasciata indurire dal dolore. Come hai fatto?
«Devo ringraziare i miei genitori. Mi hanno insegnato a non voltarmi mai dall’altra parte e a prendermi schiaffi per gli altri. Faccio un esempio pratico: a una settimana dalla morte di mio padre sono venuta a sapere di una bambina del mio paese di sette anni che ha perso il suo per la leucemia. Così ho deciso di cantare per lei, di sensibilizzare chi mi ascolta sull’importanza di donare il midollo. Sono sempre stata battagliera per carattere, per indole, se posso fare qualcosa per migliorare la vita degli altri la farò sempre».
Nel film dici: «Mi batto per le donne, le stesse che mi offendono».
«Avrei voluto dire il contrario perché la sorellanza è uno dei miei valori di base. Nel film si vedono le donne che popolano la mia vita, da mia madre a quella che chiamo la mia mamma rock Loredana Bertè, da Maria De Filippi alla mia manager Francesca. Lavoro con donne stakanoviste che amano lavorare ma non farsi vedere, donne talentuose che ammiro e mi ammirano. Eppure mi ritrovo più “haters” donne che uomini. Mi dispiace. Questo non mi impedisce di continuare a portare avanti le battaglie di tutte, anche le cause che non mi riguardano direttamente».
Una che ti riguarda direttamente è il congelamento degli ovociti e la libertà di poter scegliere.
«Il nostro Paese è molto indietro su temi come prevenzione ed educazione alla salute. Dopotutto la salute è sempre in cima ai tagli dei nostri governi. Noi ragazze non pensiamo mai a congelare gli ovociti, ma è giusto dire a tutte che abbiamo una chance in più “prima”. Perché “dopo” è troppo tardi. Prendi il mio caso, ho avuto la fortuna di incontrare una dottoressa che mi ha guidato nel congelamento del tessuto ovarico. Pur non avendo più le ovaie, potrei sempre diventare madre. Tutte devono sapere che c’è una possibilità concreta. Vale anche per gli uomini. Molti non sanno neanche cosa sia uno spermiogramma. Alla fine incolpano le donne di sterilità in questa nostra società patriarcale».
Battagliera sei battagliera, ma quando ti definiscono una “donna forte” ti fa piacere?
«Solo se forte non esclude fragile, romantica, delicata, empatica, dolce, affettuosa. La mia forza è solo una sfumatura del mio carattere che emerge molto sul lavoro, nella vita sono tante cose diverse».
Tra cui cantante e attrice: dal 15 dicembre sei al cinema in Il ritorno di Stefano Chiantini. Ci stai provando gusto a recitare dopo l’esperienza con Gabriele Muccino?
«Recitare è un modo di accogliere nuove sfide e mettersi nei panni degli altri. Il ritorno è un film duro e non convenzionale che mi ha richiesto una grossa trasformazione fisica e un viaggio importante nel disagio della donna che interpreto. A fine riprese ho tirato un sospiro di sollievo, ero distrutta. Spero però che le persone vengano a vedermi e tornino a popolare le sale: come mi spendo nella musica, così mi presento fisicamente nei cinema per incentivare il ritorno della gente in sala».
Quando un nuovo album?
«Ho una visione dell’arte molto personale, per me la qualità prevale su tutto. Uscirò con il nuovo disco – su cui stiamo lavorando tanto tutti – solo quando ne sarò davvero sicura. Non voglio lasciare nulla di intentato, né rischiare di fare qualcosa di sbrigativo per la smania di uscire. Non solo perché sul lavoro sono un soldatino e non do mai nulla per scontato, ma perché questo nuovo disco sarà per me come il primo di tutta la mia carriera. Preferisco prendermi il tempo giusto».
di Claudia Catalli – Foto Nicole Verzaro – Total look Gucci
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