Si è ritirata con la famiglia a Lisbona, sogna un film nella sua lingua e difende a spada tratta la sua privacy. Alicia Vikander ha debuttato in tivù in Irma Vep. E questo è solo l’inizio
«Mi piacerebbe molto tornare in Svezia e girare finalmente un film parlando svedese». Sono dieci anni esatti che Alicia Vikander, 33 anni, è uscita dai confini del suo paese per entrare nel mondo del cinema internazionale. Da star. Il punto di svolta è stato il ruolo di Kitty accanto a Keira Knightley nell’Anna Karenina di Joe Wright. A soli 28 anni ha vinto l’Oscar per The Danish Girl di Tom Hooper. Ha girato film d’azione (Bourne, Tomb Raider) e d’autore (Ex Machina, The Glorias) e nel 2017, galeotto il set de La luce sugli oceani, ha sposato l’attore che nessun’altra era riuscita a conquistare davvero, Michael Fassbender.
Alicia Vikander a Cannes
La scorsa primavera, dopo un paio d’anni passati tra lockdown e maternità (ha un figlio di un anno), e la casa dove si è trasferita a Lisbona, è tornata sul red carpet del Festival di Cannes per presentare Irma Vep, serie tivù firmata dal regista francese Olivier Assayas, su Sky e in streaming su Now dal mese scorso.
Alicia Vikander nella serie Irma Vep
Capelli neri, fisico minuto, bellezza naturale ed eleganza firmata Louis Vuitton, Alicia ha poco della ragazza nordica che i cliché vorrebbero alta e bionda. Ormai parla inglese, dicono, senza accento. Eppure sembra mediterranea negli entusiasmi, espressiva nei gesti. Nelle otto puntate di Irma Vep, serie decisamente sui generis, interpreta proprio una stella del cinema. Mira è un’attrice americana strafamosa per i blockbuster che, in piena crisi professionale e sentimentale, vola in Francia. Qui vuole svoltare girando un titolo d’autore: il remake dell’iconico I Vampiri. Si ritrova però alle prese con un regista psicolabile (l’attore Vincent Macaigne), una produzione in bilico e le delusioni amorose che non smettono di tormentarla.
Alicia Vikander in Irma Vep, identità confusa
E così come intreccia pericolosamente vita e lavoro, rischia di confondere la propria identità con quella della protagonista “vampira” che interpreta, una figura che si aggira in tuta nera tipo catwoman. C’è anche un sofisticato gioco di specchi, nella storia. Perché lo stesso Assayas, regista di questa serie, aveva girato nel 1996 un remake de I Vampiri uscito nei cinema, già battezzato Irma Vep (anagramma di Vampire): questa è la versione seriale con altri attori, che approfondisce il tema della celebrità e dell’identità. Non a caso il nome della protagonista, Mira, è un anagramma di Irma. Piccolo rompicapo (ironico) d’autore.
Nelle prime scene di Irma Vep Mira sbarca a Parigi con mezzo mondo ad attenderla, a cominciare dai fotografi: la tua vita somiglia in qualche modo alla sua?
«Non molto, per fortuna. Solo quando ci sono première o eventi come il Festival di Cannes, che mi divertono proprio perché sono parentesi. Detto questo, nella serie ci sono momenti nei quali mi riconosco e sono contenta di Irma Vep proprio perché racconta con grande ironia questo nostro mondo, che sicuramente incuriosisce il pubblico. Lo posso constatare io stessa parlando con i miei migliori amici, che fanno tutt’altro. È un universo creativo ma anche molto caotico, forse proprio in questo sta la sua bellezza. Olivier Assayas ha anche scritto una storia e dei dialoghi che raramente trovi nei film: teatrali ma naturali, lunghi eppure mai noiosi, credibili anche quando i personaggi fanno e dicono cose estreme».
Ti sei specchiata in altri aspetti di quest’attrice famosa?
«Non tanto, è molto diversa da me. Mira è un’attrice americana che decide di andare in Francia per svoltare e girare il suo primo film d’autore. Ma è stato interessante calarsi in una diva che si sente un pesce fuor d’acqua. Che è incapace di distinguere lavoro e vita privata. Mentre io, pur facendo il mio mestiere con grande passione, sono molto tranquilla nella quotidianità e tendo a proteggere la privacy molto di più».
È per questo che tu e Michael vi siete trasferiti a Lisbona?
«Anche. Per fortuna col tempo la gente si distrae e allenta la presa. Spesso però giriamo per lavoro. Con la regola di stare sempre tutti insieme, da quando è nato nostro figlio. Se uno di noi è sul set, l’altro si occupa del bambino».
Essere mamma ha influito sulla scelta dei film da girare?
«Una cosa sicuramente è cambiata: chiedo sempre dove sarà il set. Proprio perché sarà il posto dove ci trasferiamo tutti per un po’».
Ma durante il lockdown eravate insieme in Portogallo.
«Già, ed è stata un’occasione per fermarci, stare a casa insieme, cucinare e lavorare, fare palestra. Avevamo creato anche una routine di chiacchierate su Zoom con tutti gli amici».
Che ruolo hanno le amicizie nella tua vita d’attrice così complessa?
«Sono importantissime. Ho delle amiche che sento proprio il bisogno di vedere spesso: sono come rapporti d’amore e, anche se non esiste attrazione sessuale, mi è capitato di avere veri e propri colpi di fulmine per alcune di loro».
Tornando a Irma Vep è la tua prima serie tivù da protagonista: che effetto fa?
«Posso rispondere che a me non sembra neppure una serie? È come un lungo film diviso in otto episodi, l’unica differenza è nel respiro e nella possibilità di avere più tempo per approfondire il personaggio e la storia».
Hai anche prodotto la serie: hai altri progetti?
«Non sono ancora ben definiti, posso solo dire che non tutte le cose che ho in mente hanno l’ambizione di essere importanti e tanto meno dei blockbuster: anche i piccoli film possono essere buoni. E io scelgo solo le storie che mi stanno davvero a cuore».
Su questo set hai avuto anche un coach per le scene intime.
«Sì, per la prima volta, e ne ero contentissima. Per me è importante sentirmi a mio agio e sapere che qualcuno cura queste scene. Mi spiace che non sia successo prima, perché le scene intime sono forse le più difficili da girare e, come attrice, ti senti a disagio se non vengono curate con estrema delicatezza. Ho ripensato alle volte in cui mi sono sentita poco protetta».
Ti muovi quasi a passo di danza nelle scene dove indossi il costume da catwoman. Un amarcord per te, che a 15 anni hai lasciato Göteborg per studiare balletto a Stoccolma?
«Un po’ sì, e a pensarci ora che ho un figlio mi sono chiesta come ha fatto mia madre a sopportarlo (Alicia ha vissuto soprattutto con la madre, attrice, che si era separata dal padre due mesi dopo la sua nascita, ndr). Mi è stato molto utile avere quel background ma ho preso qualche lezione perché sono passati tanti anni da quando studiavo da ballerina (ha smesso per un infortunio, ndr)».
Balli ancora ogni tanto?
«Spesso e volentieri. Amo fare sport, correre. Mi divertono i film d’azione anche se richiedono un training intenso, come Tomb Raider di cui girerò un nuovo capitolo. E li amo anche da spettatrice. Nel piccolo cinema che abbiamo allestito a casa, io e Michael guardiamo di tutto, dai classici ai vari Top Gun e Mission: Impossible».
Riguardate anche i vostri film?
«Per carità, non li riguardo proprio perché li ho vissuti calandomi nel personaggio e mi pare sufficiente».
Nemmeno per rivedere com’è stata la performance?
«No. Semmai sarà divertente tra un po’ di anni, quando mio figlio sarà cresciuto. O i miei figli, se ne avrò altri».
Di Valeria Vignale – Foto Getty
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