Alessandro Cattelan Netflix

Alessandro Cattelan alla ricerca della felicità

17 March 2022

Dl 18 marzo, su Netflix, il nuovo programma di Alessandro Cattelan, Una semplice domanda.

C’è chi davanti alle domande spiazzanti di un figlio balbetta, inciampa nelle parole, si impappina e chi ci costruisce un format televisivo. Ognuno usa i mezzi che ha a disposizione. È nato proprio così infatti Una semplice domanda, il programma con cui Alessandro Cattelan fa il suo debutto su Netflix il 18 marzo. Quando sua figlia Nina gli ha chiesto “papà, come si fa a essere felici?” Alessandro ha pensato che una domanda così affascinante meritasse una risposta articolata, ha fatto le valigie e ha cominciato un viaggio alla scoperta della felicità. Non vi aspettate però rivelazioni sconvolgenti, the answer is blowin’ in the wind, direbbe Bob Dylan: «Con le persone che ho incontrato non ho parlato di felicità in modo diretto perché non esiste una formula valida per tutti. Ho cercato di capire un po’ le loro storie, ho fatto meditazione con Roberto Baggio, parlato di morte con Gianluca Vialli, di religione con Geppy Cucciari e molti altri, ma l’unico che abbia affrontato di petto questo tema è stato l’ex manager di Google Mo Gawdat».

Ci vuole coraggio ad affrontare un tema così vasto, universale?

«Io pensavo esattamente il contrario, che fosse un argomento iperfacile, superbanale, in fondo tutti parlano di felicità, molti dicono anche di avere risposte. Ma nessuno può davvero rispondere a questa domanda. In realtà sono partito da un presupposto diverso, dalla mancanza di felicità».

Ti sei preparato in qualche modo?

«Era un tema che mi ronzava in testa da tanto tempo. Anni fa ho fatto un programma per Mtv con Francesco Mandelli che si chiamava Lazarus, siamo andati negli Stati Uniti a visitare le tombe di tante icone, da Elvis a Kurt Cobain a Marilyn Monroe. Lo step successivo avrebbe dovuto essere un programma sulla felicità. Ma Mtv è fallita, non se ne è fatto più nulla. Poi, però è arrivata mia figlia».

Se dovessi dare una definizione da vocabolario a questa parola cosa diresti?

«Direi che la felicità è uno stato di illusione semipermanente di media durata a cui è impossibile sfuggire. Un po’ parente della serenità ma a picchi, normalmente inaspettati».

Godi anche tu delle piccole felicità della vita come quel celebre film Il favoloso mondo di Amelie?

«Detesto quel film perché credo che cerchi di “venderti” la felicità, lo trovo un po’ finto. Ma ho momenti di felicità assoluta quando arriva una raccomandata e scopro che non è una multa, quando la vicina di casa ha una perdita d’acqua e appuro che non è colpa mia e che non ci sono danni».

Che tipo di bambino sei stato, spensierato?

«Ero esattamente l’opposto di quel che sono ora. Sempre felice, anche senza alcun motivo; da adulto invece mi capita di non sentirmi felice senza una vera ragione. Un po’ come dico nel programma: pensi che una persona, come me, che ha un buon lavoro, una famiglia, più soldi di quanti gliene servano debba essere felice per forza. E invece».

Il successo, il tuo, può essere motivo di felicità?

«Dipende. Se riesci a viverlo con il giusto distacco, a non credere troppo a chi ti fa credere di essere chissà chi, a non dipendere in definitiva dall’opinione buona o cattiva che gli altri hanno di te, sì, il successo è una gran cosa».

C’è un incontro che ti abbia detto sulla felicità qualcosa di nuovo?

«Quello con l’ex Ceo di Google Mo Gawdat. Lui, dopo un grave lutto, ha lasciato il lavoro perché il suo modo di intendere la professione era cambiato. Sostiene che la ricerca della felicità va intesa come priorità, è una scelta di vita che richiede un impegno costante e che la felicità è indirettamente proporzionale alle nostre aspettative. Coltivare sogni piccoli, insomma, è il segreto, io pensavo invece che l’ambizione fosse la chiave di tutto. Ma anche l’ex manager Mediaset Roberto Giovalli che dice, semplicemente, che per essere felici basta evitare tutte le situazioni che non ci fanno stare bene».

In quali circostanze ti capita di sentirti infelice, a disagio?

«Mi mette tanta tristezza il lato negativo dei social network. Questa fretta di esprimere opinioni senza riflettere, senza tenersi niente per sé, questa voglia incomprensibile di condividere qualsiasi cosa. Sì, in situazioni simili provo molto disagio».

In un ideale sequel di questo programma c’è qualcuno in particolare che vorresti incontrare?

«Non ho ancora fatto un ragionamento simile, ma mi rendo conto che le storie degli uomini di sport sono quelle che trovo più commoventi, più vere».

Dì la verità, cosa hai risposto veramente quando tua figlia ti ha fatto quella “semplice domanda”?

«Ho farfugliato qualcosa, le ho detto che per essere felici occorre darsi uno scopo, impegnarsi. Sì, le solite cazzate».

di Elisabetta Sala