Oggi che ha 30 anni l’aggettivo “cool” potrebbe stargli stretto molto più che ai tempi della saga di Harry Potter che lo ha lanciato, da ragazzino. Con un patrimonio stimato in 110 milioni di dollari, Daniel Radcliffe ha quell’insicurezza che molti definirebbero la “sindrome dell’impostore”: sottolinea sempre quanto sia stato fortunato, quasi a giustificare il suo successo. È umile, gentile, con un solo argomento tabù: la fidanzata Erin Darke, conosciuta nel 2012 sul set di Giovani ribelli, il film in cui lui interpretava il poeta Allen Ginsberg e lei faceva sesso orale con lui. Amore a parte, nell’era “post-maghetto” l’attore londinese si sta concentrando su ruoli e titoli piuttosto eccentrici. Come il film Guns Akimbo, presentato all’ultimo Festival di Toronto e dal 23 marzo su Amazon Prime Video, dove interpreta un creatore di videogames reclutato per una guerra all’ultimo sangue. O come la serie Miracle Workers con Steve Buscemi, in onda su Italia 1. Se nella prima Radcliffe è un angelo al servizio di un Dio cinico di mezza età, nella seconda indossa la corona di un principe medievale inetto e pavido.
In Guns Akimbo sei un esperto di videogiochi che un giorno si sveglia con due pistole attaccate alle mani: è un action movie?
«Sembra un film di Jason Statham (l’attore di Fast & Furious, ndr) ma in versione visionaria e geek. L’ho girato indossando sempre boxer e ciabatte, per me è stato molto liberatorio: magari potessi sempre recitare con un guardaroba così!».
Sei mai stato fanatico di videogames?
«Sono andato in fissa tempo fa per quelli sportivi, poi ho lasciato perdere perché mi portavano via troppe ore ed ero un pessimo giocatore. Con il videogioco di Harry Potter però non mi sono mai cimentato, forse perché sentivo che sarei stato una schiappa anche lì. Meglio non rischiare».
A proposito del maghetto, Rupert Grint (Ron) e Tom Felton (Draco) tornerebbero subito nella saga: e tu?
«Non sapevo ci fosse qualcosa di concreto e non so mai se si tratta di dicerie che circolano online. Ed è sempre difficile parlare senza urtare la sensibilità dei fan. Da parte mia non ho mai detto un “no” assoluto al ritorno nel franchise, ma dovrei leggere il copione».
Non avete, voi ex attori, una chat su WhatsApp?
«Non ne abbiamo bisogno: abbiamo creato un legame indissolubile a prescindere. Soprattutto con Rupert ed Emma (Watson, che interpretava Hermione, ndr): abbiamo vissuto tutto insieme intensamente, e sappiamo bene cosa voglia dire. Anche se non ci vediamo più spesso, tra noi c’è un rapporto speciale».
Quando qualcuno chiede un selfie al tuo personaggio, in Guns Akimbo, lui se la dà a gambe. Tu?
«Io acconsento sempre volentieri perché sento la responsabilità di questo lavoro, so quanti ragazzi sono cresciuti con Harry Potter e non voglio rovinare a nessuno la magia dell’infanzia».
Che rapporto hai con la fama?
«Sono fortunato perché le persone attorno a me mi hanno aiutato a stare coi piedi per terra, a farmi capire che la fama non dura sempre e soprattutto non ha il potere di far sparire i problemi quando arrivano. E ho ricordi meravigliosi: vivere su un set da bambino è un sogno, tutta la troupe ti coccola e ti protegge».
Oggi scegli ruoli insoliti e storie un po’ folli, come la serie Miracle Workers. È un modo per prendere le distanze da Harry?
«No, amo profondamente Harry e non è per staccarmi dal passato che le sfide professionali del presente sono diverse. Se scelgo storie strambe è perché le favole dark mi permettono di dar sfogo alla mia fantasia».
Guns Akimbo ha anche scene violente. Non hai paura che vengano emulate?
«È una violenza talmente “cartoon” che non mi sono proprio posto il problema. E oltretutto non penso che i film debbano proporre al pubblico una bussola morale o educativa».
Cosa ne pensi dei social?
«Non fanno per me. Ho deciso di non avere account perché sarei troppo emotivo nelle reazioni, me la caverei malissimo. L’ho capito quando ho iniziato a leggere compulsivamente le critiche online: ho smesso per salvaguardare la mia salute mentale e uscire da una sorta di dipendenza. Potevano scrivermi commenti meravigliosi ma io rischiavo di fissarmi sull’unico negativo e anche di convincermi che avesse ragione».
Invece sembri così pacato e zen… C’è qualcosa che ti fa davvero arrabbiare?
«Sono un tipo tranquillo e non perdo la pazienza facilmente, ma la maleducazione no, proprio non la sopporto. Però ho capito che la rabbia non è salutare e ho imparato a reagire in maniera costruttiva».
Qualcosa che i fan non immaginano di te?
«Mi piace molto andare in palestra. So che forse non si direbbe…». (A. De Tommasi)