Dakota Johnson rivela in un’intervista che soffre di depressione e ansia da quando era piccola. Come lei anche tante altre star
Se è vero che «la depressione è una malattia democratica che colpisce tutti», come diceva il grande giornalista Indro Montanelli, non stupisce troppo che anche Dakota Johnson abbia fatto a Marie Claire Uk una confessione che è anche un doloroso mettersi a nudo: «Ho lottato contro la depressione fin da ragazzina, credo avessi 14 anni e ho cercato aiuto nella terapia, che è stata fondamentale. Ma non posso non pensare continuamente a quello che sta ora succedendo nel mondo, mi tiene sveglia la notte, tutte le notti. Il mio cervello si muove a velocità supersonica e devo fare un sacco di lavoro su me stessa e di terapia per eliminare pensieri ed emozioni».
Figlia di Melanie Griffith e Don Johnson, 30 anni, Dakota aveva già confessato le sue interiori «complessità» (di cui ha fatto un punto di forza sul set, nella sua empatica capacità recitativa) ai tempi di Cinquanta sfumature di grigio: «Quelle scene erotiche e di bondage mi hanno distrutta», rivelò ai tempi l’attrice.
Durante l’intervista, Dakota ha anche precisato di soffrire di attacchi di ansia, acuiti dal Coronavirus e dalla paura per lo stato del nostro pianeta. «Il mio cervello vaga in meandri folli e oscuri. Devo fare tanto lavoro per tenere a bada questi pensieri».
Gli esempi di Lady Gaga e Ambra
Tra i personaggi del mondo dello spettacolo che hanno combattuto con successo il male oscuro, un po’ come accade a Dakota Johnson, c’è Lady Gaga. La popstar si è messa addirittura al servizio del prossimo, aprendo una fondazione dedicata alla lotta contro la depressione. Un altro esempio? Ambra Angiolini, dopo il precoce successo, ha raccontato di essersi salvata dalla depressione solo grazie all’impegno e all’aiuto verso gli altri.
Da Winston Churchill a Vincent Van Gogh
A dimostrazione della validità della massima di Montanelli, la depressione e l’ansia non guardano in faccia a nessuno. Anzi: il rapporto tra depressione e creatività, come dimostra il caso di Dakota Johnson, è spesso molto stretto. Fin dai tempi di Omero, che chiamava questo stato d’anima malinconia.
Winston Churchill, l’ex premier britannico, definiva la depressione di cui soffriva «il cane nero». La scrittrice britannica Virgina Woolf, tra le più fervide e tormentate menti del 900, si lasciò annegare in un fiume, infilandosi delle grosse pietre nella tasca della giacca, il 28 marzo 1941. Depresso, sospeso tra folia e genio, era anche Vincent Van Gogh, che tentò più volte il suicidio fino all’esito finale, nel 1853.
Da David Wallace a Kurt Kobain
Venendo ai giorni nostri, gli esempi sono molti. Il geniale David Wallace, autore del capolavoro Infinite Jest, disse che la fama e il successo gli avevano creato solo problemi. Sin da giovane «era consapevole dei pericoli che albergano in una mente che corre a briglia sciolta, in un pensiero che risponde solo e soltanto a se stesso». Si impiccò ad una trave di casa sua in California. Aveva solo 46 anni.
Robin Williams nascondeva i suoi problemi depressivi dietro i personaggi comici che interpretava. Confessò una volta che piangeva tutte le sere, di fronte ai copioni che doveva interpretare. E, come non ricordare il simbolo più noto della fragilità degli esseri umani, Kurt Cobain, il cantante dei Nirvana? Morì suicida a 27 anni. Nonostante l’affetto del pubblico disse che nulla riusciva a procurargli emozioni.
Di Paolo Papi – foto Getty Images