Torna a sanremo dopo la vittoria del 2018, con un pezzo onesto che racconta un sentimento universale. Al quale “non servono merletti”
Sanremo 2021: Ermal Meta torna sul palco dell’Ariston con la canzone Un milione di cose da dirti. Non ci sono parti superflue, c’è solo il necessario». A chi glielo chiede Ermal Meta descrive così Un milione di cose da dirti, il pezzo con cui è in gara al Festival. Un suono pulito, un testo essenziale per quella che tre e anni e mezzo fa era probabilmente nata come una dichiarazione d’amore. «Forse lo era o forse lo sarà ancora, chissà…». Il cantautore di Non mi avete fatto niente (brano con cui ha trionfato all’Ariston nel 2018, in coppia con l’amico Fabrizio Moro) non ama raccontare della sua sfera privata, rifiuta l’illusione dei sociale però non si tira indietro quando proviamo a sapere di più. Cominciando proprio dallacanzone del Festival.
Ermal, è semplice scrivere l’amore?
«Ma sai, Un milione di cose da dirti è una semplicissima canzone d’amore nel senso che non ci sono merletti. È una canzone nuda, scarna, super classica, se ci pensi bene».
In effetti sembra scritta e pensata per il Festival.
«Non ho mai scritto una canzone per andare a Sanremo, il Festival è sempre arrivato dopo. Ho ritrovato questo pezzo all’interno diuna vecchia mail dove c’era la registrazione solo piano e voce. E così me ne sono ricordato. Ho lavorato sugli arrangiamenti e l’ho mandato ad Amadeus. Gli avevo già fatto sentire tre o quattro pezzi, ne avevamo anche scelto uno, ma quando gli ho mandato questo lui è rimasto folgorato».
Sanremo 2021: Ermal Meta “Non sono uno che mostra la sua vita h24 sui social”
Tutto un altro suono rispetto al ritmo di No satisfaction, il singolo in cui dibatti sul dualismo essere o apparire. Tu da che parte stai?
«La differenza tra essere e apparire è uno dei più grossi problemi del mondo digitale. Siamo ossessionati dalla ricerca costante di un qualcosa che ci porta verso l’omologazione di massa. Io come mi pongo? Non sono uno che mostra la sua vita h24 sui social. Anzi, meno ne condivido meglio sto. No satisfaction racconta questo: l’illusione e la ricerca di un mondo che non esiste».
Anche il video è molto diretto: alla fine tu torni a casa e trovi un altro te seduto sul divano.
«L’idea è l’alienazione, conoscersi senza riconoscersi. La scena a cui fai riferimento è alla fine del pezzo, che coincide con la conclusione apparente dell’incubo. Che poi al mattino seguente invece diventa realtà».
Sei un veterano di Sanremo (è la sua sesta volta, la quarta da solista, ndr). Qual è stato più speciale?
«Quello del 2017, con Vietato morire (terzo classificato, ndr). È stato l’inizio di qualcosa di importante, il 2018 è stato il seguito, ma ricordo quell’edizione con un’emozione incredibile».
E l’Ariston senza pubblico?
«Per un cantante non è difficile.È come fare le prove generali ma vestito bene, io in completo da seradi Dolce & Gabbana, per esempio».
ll 12 marzo uscirà anche il tuo nuovo album, che si chiama Tribù Urbana.
«Non vedo l’ora: è nato in un periodo particolare ed è molto energico. Ma c’è anche realtà: è un disco cittadino».
Per la musica ti sei sempre ispirato alla vita vissuta, compresa la tua infanzia difficile. Ti chiedi mai che padre sarai?
«È una domanda che non mi sono ancora fatto perché non progetto di avere figli al momento. Ma so bene che tipo di padre non vorrei essere».
Intanto sei un ottimo zio, o sbaglio?
«Guarda, se ci fosse una gara per lo zio più figo del mondo la vincerei io. Mia nipote di cinque anni (figlia della sorella, ndr) vuole giocare solo con me. Quando sono giù (Ermal si è trasferito dall’Albania a Bari all’età di 13 anni, ndr) passo tutto il tempo con lei e con le sue bambole. Non ho mai giocato così tanto in tutta la mia vita!».
Scena Unita: tu sei uno degli artisti che si è speso di più per i lavoratori dello spettacolo.
«Ho preso parte a diverse iniziative, perché i lavoratori dello spettacolo non sono protetti dal punto di vista delle leggi, sembra quasi un settore sommerso. Per me questo è un motivo di orgoglio ma quello che abbiamo raccolto non basta: serve l’aiuto dello Stato».
In primavera cantavi Finirà bene. Lo pensi ancora?
«Sì, perché al di là di tutto la vita vuole la vita. È un periodo di merda, una guerra, che però deve finire».
Un’ultima cosa sulle tue fan: cosa ti dicono?
«Le persone che mi seguono sono appassionate, leali, agguerrite. Solo quando mi sono messo con Chiara (sua ragazza dalla scorsa estate, ndr) qualcuno ha scritto “perché ti sei fidanzato” oppure “questa non ci piace”. Ma Chiara piace a me. E va tutto benissimo».
Di Rachele De Cata