Non faccio Mika il fenomeno!

16 gennaio 2014

Forse 30 anni sono pochi per un’autobiografia (anche se 100% unofficial), ma se ti chiami Mika le cose cambiano. Se come lui nasci in Libano, in una Beirut devastata dalla guerra, se la tua famiglia si trasferisce a Parigi dove vivi un’infanzia “perfettamente felice”, se poi cresci a Londra e poi negli Stati Uniti e a poco più di vent’anni sei una star planetaria, sì, la biografia ci sta. Ci hanno pensato, per Mika, Brigitte Hemmerlin e Vanessa Pontes che hanno dato alle stampe Mika – La storia (Sperling & Kupfer, 206 pagine, 12,67 euro su InMondadori.it) curato nell’edizione italiana dal giornalista Fabrizio Basso.

Nel libro si scopre che Michael Holbrook Penniman, per tutti Mika (che in arabo marocchino significa sacchetto di plastica, vabbè) da bambino era dislessico e sovrappeso, che la madre Jonni aveva previsto per lui un futuro da carcerato a vita o da star assoluta, che ha cominciato a scrivere canzoni da piccolo e che ha mangiato un bel po’ di polvere: non a caso il brano che ha fatto di lui una popstar mondiale, Grace Kelly, narra i travagli di un artista incompreso. Di nazionalità libanese, francese, inglese, americana ma anche un po’ italiana. Noi l’abbiamo adottato con piacere questo giovanotto dinoccolato e dolce. E ormai ci piace molto più dell’algida Grace.

di Elisabetta Sala