Ci vediamo un giorno di questi. Federica Bosco ci racconta un’amicizia al femminile

16 November 2017

Federica Bosco torna in libreria con Ci vediamo un giorno di questi (Garzanti, € 16,90; e-book € 9,99), storia di un’amicizia indistruttibile tra donne diverse come il giorno e la notte.

 

Caterina e Ludovica sono amiche dai tempi della scuola. La prima è estroversa e coraggiosa, la seconda timida e responsabile. Pur facendo scelte diverse – Cate decide di crescere un figlio da sola, Ludo si adagia sulla certezza di un lavoro in banca e un fidanzato fisso – la loro amicizia resiste agli alti e bassi della vita. Finché la folle e temeraria Cate, si ritrova a chiedere all’amica Ludo un gesto di generosità e di estremo coraggio nei suoi confronti. Ci vediamo un giorno di questi di Federica Bosco è una bella storia di amicizia al femminile: tenera, ironica e avvincente. Da una delle scrittrici e sceneggiatrici italiane più amate dalle lettrici, con un milione di copie vendute, un romanzo sulla forza e sulla fragilità delle donne.

L’amicizia tra Cate e Ludo comincia nel cortile della scuola, quando le due bambine si scambiano la merenda. I legami più resistenti sono quelli che nascono da giovani?
«Io credo che le amicizie che riusciamo a stringere quando non siamo ancora “socialmente interessanti” siano le più sincere. A quelle che facciamo quando siamo già adulti manca un pezzo di vita, di esperienze condivise, di bagaglio comune. Forse l’ideale è rimasterizzare gli affetti più antichi, aggiornandoli, man mano che la vita cambia e noi con la vita. In pratica, come hanno fatto Ludo e Cate».

Sembra anche un romanzo di bilanci. Quanto di Federica Bosco e delle sue esperienze c’è nei due personaggi?
«In entrambi i personaggi c’è molto di me. Ogni volta che scrivo una storia è come se riavvolgessi un nastro, come se tornassi sempre all’inizio. Scrivendo questo libro sono tornata alla mia infanzia, all’adolescenza, alle amicizie e alle inimicizie di quel periodo, ai rapporti con i miei genitori, a tante cose non risolte. Mettere su carta le storie e i miei pensieri, anche quelli cattivi, mi dona lucidità, mi permette ogni volta di pensare: “Chissà come sarebbe andata se…”. È come se ogni volta – anche passando per le cose più tristi – io mi sentissi “salvata” dalla scrittura. In parte autoassolta».

Quindi quando scrivi segui il tuo istinto, senza strutturare prima la storia?
«No, non mi piace lavorare troppo sulla struttura in anticipo. Altrimenti finisce che non mi emoziono più. E se non ti emozioni scrivendo, come puoi emozionare chi ti legge?».

Eleonora Molisani @emolisani