Stefano Benni, re degli affabulatori, scrittore tra i più seguiti dai booklovers italiani, nella raccolta di racconti Cari mostri (Feltrinelli, € 17; e-book € 9,99) affonda la penna nei temi più oscuri dei nostri tempi. Si tuffa nell’horror, con sei favole grottesche dall’inconfondibile ironia che strappa risate a denti stretti.
Protagonisti? Madonne spudorate, plutocrati e manager senza scrupoli, falsi amici, adolescenti senza futuro, misteriose creature dal corpo di cane e la faccia di pesce. Fare qualche domanda a Benni non è stato facile (rifugge i media e la mondanità; con i giornalisti non “abusa” delle parole) ma io volevo assolutamente chiedergli due cose sui suoi nuovi racconti, che ha letto davanti a una platea numerosissima e adorante allo scorso Salone del libro di Torino, lasciandoci a bocca – e cuore – aperti.
Non smette di sorprenderci. Perché questa volta ha scelto l’horror?
«Sono uno scrittore, quindi penso che soprendere sia mio dovere».
Del suo libro ha detto che i mostri bussano alla nostra porta tutti i giorni, e non basta girare la testa dall’altra parte per liberarsene. È un monito?
«Mostro etimologicamente viene proprio da monito. I lettori devono interpretare questo libro, riconoscere le loro paure e capire cosa possono fare contro di loro, soprattutto contro quelle false imposte dal potere e dagli speculatori del terrore».
In Italia è tra gli scrittori più amati e seguiti anche sui social. Ci consiglia tre autori da portare con noi in vacanza?
«Ce ne sarebbero migliaia. Faccio tre nomi su tutti (li sto leggendo adesso per motivi di lavoro): Elsa Morante, Vladimir Nabokov, Bohumil Hrabal».
La scrittura per lei è più istinto o costruzione? È cambiato qualcosa nel modo in cui scrive, dopo tanti anni?
«Sì, ci metto più tempo, riscrivo di più».
Eleonora Molisani