Boss Doms ha iniziato un nuovo percorso musicale da solista, pubblicando il suo primo singolo I Want More. Nell’intervista ci racconta come nato il suo nuovo sound
Si chiama I Want More il primo singolo da solista di Edoardo Manozzi, in arte Boss Doms. Il chitarrista e produttore che tutti conosciamo come “socio” di Achille Lauro dai tempi di Pechino Express (edizione 2017), riprende in mano le sue passioni musicali, la techno e l’undergound, e le unisce al pop.
Il risultato è, come dice lui stesso, «un nuovo sound, l’inizio di un percorso coraggioso ma molto figo». Un po’ come Edoardo: stiloso sul palco di Sanremo (per Me ne frego lui e Achille Lauro hanno sfoggiato abiti customizzati Gucci) e cool nella vita privata. La compagna di Boss Doms è la bellissima vj Valentina Pegorer, madre della loro figlia Mina, nata a gennaio 2019.
Il singolo è uscito il 3 luglio. Sei emozionato?
«Guarda, non voglio tirarmela da solo. È il primo brano, comunque vada sarà un successo. Ma sono soddisfatto: dentro questo singolo c’è la quantità di lavoro necessaria per un album intero. Ci sto dietro da sei mesi: ho curato il sound, le lyrics, il video, ogni particolare».
I Want More è qualcosa di sofisticato, di diverso da quello che forse ci aspettavamo da te. È più un andare avanti o un tornare alle tue origini musicali?
«È un andare avanti: in questi anni ho raggiunto una maturità musicale più vasta. Se avessi fatto questo pezzo tempo fa non sarebbe venuto così, non avrei avuto l’ispirazione per fondere due generi opposti come il pop e la techno. Di solito chi fa underground odia il pop e viceversa, io ho cercato di unirli».
Il titolo della canzone, voglio di più, ha a che fare con l’ambizione?
«Più con la contrapposizione: la frase che preferisco e che dà il titolo al pezzo dice “ho assaggiato
il tuo amore ne voglio di più” (in inglese, ndr). C’è un doppio senso perché il tuo amore può essere inteso in senso letterale ma può anche essere figurato, avere un significato simbolico, quasi psichedelico. Il dualismo che c’è nel claim del singolo è lo stesso che voglio esprimere da ora
in poi con la mia musica».
Al pezzo hai associato il blu.
«Tutti i brani hanno dei colori, delle forme. Quello che immaginavo istintivamente per questo pezzo era una sfumatura di blu elettrico che non esiste nei pantoni, una gradazione derivata dai led dei dj set. Poi ho analizzato cosa significa il colore blu, è il tono dell’equilibrio interiore, della meditazione, nella cromoterapia ti mette in contatto con l’anima. Allora ho capito che era perfetto perché è come se in questo progetto da solista cercassi il mio equilibrio interiore».
E l’hai trovato?
«Sì, mi sento nella mia dimensione. Poi voglio aggiungere un altro dettaglio: mio padre se n’è andato
il 7 marzo, tre giorni prima del lockdown, il suo colore preferito era il blu, che io avevo già scelto per il singolo. Lui era molto orgoglioso del percorso che stavo facendo e di come stavo crescendo professionalmente. Allora ho pensato che in fondo questo blu è una specie di omaggio a mio papà».
Lauro aveva già ascoltato la canzone prima che uscisse?
«Certo, Achille Lauro ha già sentito anche i prossimi trenta pezzi! A parte gli scherzi, I Want More gli era piaciuta già alla prima versione embrionale, quel partire un po’ emotional, molto pop e poi la virata dark dopo la prima strofa. Lauro diceva che lo switch era una figata, ed era esattamente quello che volevo comunicare».
Ti manca lavorare con lui?
«Non abbiamo smesso di farlo. Non sono stato il produttore dei suoi ultimi brani, ma gli ho fatto da consulente e anche se non sono stato fisicamente in studio con lui abbiamo fatto delle riunioni, ci siamo consultati, con la testa e con il cuore sono siamo sempre insieme. L’arte è fratellanza, è amicizia. Nella condivisione la creatività non si disperde ma cresce. Torneremo a lavorare insieme ma in questo momento devo focalizzarmi su di me e sul mio progetto».
Tu e Lauro siete amici da bambini. Come immaginavate il successo?
«Il successo era un obiettivo di cui non parlavamo. Più del sogno io e Lauro abbiamo sempre condiviso il metodo: la perseveranza, la forza di volontà, l’impegno. Ci accomuna il mood con cui affrontiamo il nostro percorso artistico».
Come ti piacerebbe essere descritto da tua figlia?
«Come un pazzo fuori controllo, simpatico, che la ama con tutto il cuore e la fa divertire. Voglio essere la colonna portante della mia famiglia, desidero che le mie donne si sentano protette da me ma che mi vedano come uno svago, senza la distanza padre-figlio».
Boss Doms ci racconti qualcosa di te che non hai mai detto in altre interviste?
«Beh, vediamo… Ho dato il mio primo bacio a 12 anni e a 14 ho fatto l’amore. Va bene come segreto?».
Di Rachele De Cata – Foto Luca D’Amelio