Biennale di Venezia Architettura: con Stigma, il Guatemala celebra il popolo

04 June 2018

La Biennale di Venezia-Architettura per la prima volta, ospiterà le esposizioni di sei Stati tra cui il Guatemala.

 

La sedicesima edizione della Biennale di Venezia-Architettura, tra le più antiche, importanti e prestigiose rassegne internazionali d’arte e di architettura nel mondo ospiterà, per la prima volta, ben sei Stati tra cui il Guatemala. 

Proprio per il Guatemala, essere nel calendario della Biennale di Venezia-Architettura è un evento straordinario: non a caso l’esposizione è diretta dal ministro della Cultura José Luis Chea Urruela. Stigma, così si intitola la mostra, è ospitata all’interno dello storico Palazzo Albrizzi Capello, situato nel sestiere Cannaregio 4118.

Daniele Radini Tedeschi, curatore di Stigma insieme a Stefania Pieralice, sottolinea come il Guatemala celebri un’edilizia che mette in luce l‘ideologia e non soltanto l’uomo. In pratica, si tratta di un’architettura di stampo sociale, frutto di un amalgama tra razze diverse indifferente a un interesse economico globale.

Un’architettura dal volto umano è, per esempio, “Freespace”, mostra centrale di Yvonne Farrell e Shelley McNamara, mentre gli edifici in mostra nel Padiglione Guatemala sono stati concepiti dai progettisti come monumenti dedicati a una grande utopia: tutti i progetti, i modellini, e i plastici sono rivolti all’edificazione di un’immagine di popolo, di fratellanza, di vita sociale e modellati attraverso uno stile austero, talvolta futuristico, comunque monumentale.

Il Guatemala si presenta dunque come seconda via, ovvero quella dei “paesi non allineati” rispetto a una deriva globalizzata, rispetto alle mode, agli stili di successo, al capitalismo. I progettisti guatemaltechi presentano in Biennale il progresso sociale, laddove le strutture non sono improntate sul funzionalismo, bensì simboleggiano le masse del popolo finalmente unite dopo la Babele del postmoderno e la decadenza dell’Occidente.

In un clima da Guerra Fredda che domina l’intero padiglione, un modo alternativo per pensare ad una architettura del futuro è fornito dall’opera del collettivo Ur Project (Caldara&Kluzer), intitolata «Architettura Virtuale. Real word» che riproduce su speciali pannelli un grande planisfero attraversato da fibre ottiche luminose raffiguranti le connessioni internet o intranet (compresi i social network) tra i diversi paesi del mondo.

Un’architettura fondata sulla struttura della rete e attivata dalla conseguente risposta dell’umanità, al passo con i tempi e aperta al confronto socio economico globalizzato, ma non per questo imprigionata nelle sue trame.

Cinzia Cinque

(nella foto, una delle opere esposte firmata da Carlo Caldara e Federica Kluzer (Virtual Architecture Real World, tecnica mista con fibre).