Con 130 milioni di follower, è l’influencer italiano più seguito. Ora ha deciso di raccontare la sua storia: Khaby Lame a fumetti ci farà ridere ma anche riflettere
Khaby Lame a fumetti: l’influencer italiano più seguito, al secolo Khabane Lame, è il protagonista di una graphic novel. Il titolo è Super Easy: qui racconta come è diventato il supereroe che, attraverso i suoi show su TikTok, ci semplifica la vita. Un’avventura partita il primo giorno che ha postato un video divertente: da allora non ha più smesso. Lo incontriamo in occasione dell’uscita del suo Super Easy. I disegni sono del 37enne Pietro B. Zemelo, autore di reportage, con lo zaino sempre pronto. La sceneggiatura è di Giulio D’Antona, classe 84, scrittore e traduttore di autori come Kurt Vonnegut e Fran Lebowitz.
L’appuntamento con Khaby Lame è su Zoom. Arriva sorridente, allegro, in felpa verde con cappuccio, un ragazzo come tanti. Dietro di lui una serie di mensole ospitano tanti Iron Man di tutte le dimensioni. «La scrivania è di Alessandro Riggio (il suo manager, ndr)», spiega. Lo ringrazio per aver accettato un’intervista alle 13 di un giorno festivo («I supereroi non riposano mai?» scherzo, «Giusto, giusto!» risponde ridendo).
A 2 anni sei arrivato in Italia dal Senegal con la tua famiglia. I tuoi primi ricordi? «Risalgono ai miei 5-6 anni, vivevamo a Chivasso, in un quartiere di case popolari. Lì eravamo tutti uguali, l’albanese, il marocchino, il nero… c’è una vera fratellanza. Giocavamo sempre a calcio in cortile. Un dipendente del supermercato locale, che era anche un dirigente della squadra di calcio Cigliano Saluggia, ci ha notati e ha iscritto al corso me e mio fratello».
Khaby Lame a fumetti: dal primo post a oggi
E altri sport? «Atletica: volevo diventare più veloce di Usain Bolt (ride )».
A scuola come andavi? «Mi annoiavo. Guardavo il nulla, chiacchieravo, disegnavo un omino stilizzato che giocava a basket per creare un flipbook»-
Allora eri portato per il disegno… «Se li avessi visti avresti riso (ride), disegni brutti come pochi».
Quali materie ti piacevano? «Fisica, cioè attività fisica (scienze motorie, ndr), un po’ l’epica».
Come sei passato da zero a 127 milioni di follower? «In un anno sono arrivato a 2 milioni, diventati 127 in otto mesi, quando ho iniziato a semplificare, prima erano solo video comici senza parole. Si parla tanto di follower, ma a me non interessa il numero. Mi piace far ridere, farei i video anche se a guardarli fossimo, come all’inizio, solo io, il mio amico e mia madre».
Dedichi molto tempo ai social? «Ore, per le ricerche sui contenuti».
Il primo post di successo? «Avevo visto una ragazza bloccata dal suo zaino, attaccato per scherzo a un palo. Io mi chiedevo “come mai questa qui non se lo toglie?”. Ho fatto un post, è piaciuto, ho cominciato a produrre video che semplificassero le cose».
Dai social al set? Perché no!
In una tua vignetta è scritto “nella vita la fuga non è contemplata”. Tu sei mai fuggito? (Ci pensa un po’). «No. Anzi. Ho sempre affrontato le cose da subito, non mi sono mai tirato indietro. Spingevo anche gli amici a farlo».
Un’altra vignetta: il maestro spinge gli allievi a riempire il vuoto che si ha dentro con soddisfazioni non effimere. «Il vuoto te lo creano i limiti che ti pongono gli altri quando ti dicono “non ce la farai”, e tu finisci con il lasciar perdere e non fai quello che desideri davvero. Vale se fai sport, se vuoi seguire una dieta… Io non avrei dovuto fare i video perché dicevano che facendo il buffone non sarei andato da nessuna parte».
Quali sono i tuoi progetti futuri? «Studio inglese e recitazione per fare l’attore. Il mio idolo è Will Smith».
Film e musica: cosa ti piace? «Andavo al cinema quando avevo il bonus cultura, poi ho smesso. Ascolto Tupac, Notorious, Eminem, rap old school».
Chi sono i nostri supereroi? «Il mio manager Alessandro Riggio, i miei genitori, io stesso no?».
Di Cinzia Cinque – Foto Getty