Violenza sulle donne

Violenza sulle donne. Nella giornata internazionale facciamo il punto

25 novembre 2020

Ogni tre giorni un femminicidio. Ogni 15 minuti una donna subisce violenza, e nell’82% dei casi il carnefice vive in casa sua. Nella giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne facciamo il punto. Ma è sempre un punto e a capo

 

Violenza sulle donne. Anno nuovo, storia vecchia. All’appuntamento con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999, il 25 novembre, arriviamo sempre con gli stessi problemi dell’anno precedente. L’ultimo report della Polizia di Stato, Questo non è amore, con i dati aggiornati al 2019, parla di 88 vittime di violenza ogni giorno. In pratica in Italia una donna ogni 15 minuti è vittima di stalking, violenze sessuali, percosse. Un bollettino a cui va aggiunto il numero di quelle che non sopravvivono alla violenza. Negli ultimi 12 mesi le vittime di femminicidio sono state 92, una ogni tre giorni.

Si può invertire questa tendenza? Ne parliamo con la criminologa Roberta Bruzzone e con Emanuela Valente, direttrice dell’Osservatorio sul femminicidio In quanto donna. Insieme hanno scritto Favole da incubo – Dieci (più una) storie di femminicidi da raccontare per impedire che accadano ancora (DeAgostini, € 15,90), un libro in cui ripercorrono una decina di casi di femminicidio degli ultimi anni: Noemi Durini, Elena Ceste, Ilaria Palummieri, Arianna Flagiello e Maria Cristina Omes. Nomi e storie da tenere a mente.

Violenza sulle donne. Contro la parola “raptus”

«“Ha perso la testa”. Intanto cominciamo subito a smantellare l’idea che la violenza sia sempre attribuibile a un raptus», esordisce Roberta Bruzzone. «Questa narrazione è fuorviante, e sgonfia la portata enorme del gesto violento, relegandolo ai margini della follia, di fatto giustificandola. In realtà solo nello 0,01% dei casi si tratta di raptus, nella maggioranza dei casi si tratta di uomini “normali”, perfettamente in grado di intendere e volere. Questo è il primo messaggio che vogliamo dare con il libro: all’inizio le storie che raccontiamo sono “favole”, poi il principe azzurro, da uomo ideale, si trasforma in lupo mannaro».

Contro la violenza nelle parole e nella narrazione, nel 2017 è stato firmato dai giornalisti italiani il Manifesto di Venezia per il rispetto di genere nell’informazione, purtroppo ancora scarsamente rispettato. «La narrazione è tutto», aggiunge Emanuela Valente. «Dire che sono pazzi assolve gli uomini violenti e uccide due volte le donne. Solo se cadrà il mito del mostro capiremo che tutti possiamo contribuire a captare in tempo i segnali, che esistono modi per prevenire.

Perché ogni violenza è figlia di stereotipi di genere perpetrati non solo dai carnefici, ma spesso “accettati” dalle vittime. Le donne sono ancora troppo indulgenti verso certi comportamenti maschili, non riconoscono il seme della violenza, i campanelli d’allarme quotidiani. Le famiglie sono intrise di stereotipi e alimentano la cultura maschilista e sessista», conclude Valente.

Uccidiamo la badante interiore

Gli uomini devono realizzarsi nel lavoro, le donne stare a casa. Gli uomini possono vestirsi e comportarsi in modo aggressivo. Invece le donne che si vestono e si comportano in un certo modo “se la vanno a cercare”. Sono alcuni degli stereotipi di genere più comuni. «Per questo abbiamo scelto di fare un’operazione originale. Partendo dalle favole più comuni, come Biancaneve o Cenerentola, abbiamo smascherato gli stereotipi sessisti ancora molto radicati nella nostra cultura», spiega Bruzzone. «Ci sono modi per uscirne: per esempio smettendo di proporre il corpo femminile per veicolare merce di ogni tipo; evitando di proporre giochi per bambine che le trasformano in piccole casalinghe e badanti.

Oltre alla scuola, io credo nella sensibilizzazione delle famiglie, perché è soprattutto lì che si sviluppano i modelli di genere. E credo anche nei media, come i social e la televisione. Io, ogni volta, do alle donne questo messaggio: uccidete la vostra badante interiore!». In pratica, bisogna combattere la violenza passando per la conquista di una cultura che premia le pari opportunità.

«I Paesi dove sono avvenuti dei cambiamenti per le politiche di genere sono quelli in cui le donne occupano posti di rilievo in politica, nelle istituzioni, nella comunicazione. E l’Onu condivide il messaggio: il cambiamento culturale è l’unico antidoto contro la violenza sulle donne».

Di Eleonora Molisani – foto Getty Images