28 September 2020

Lino Guanciale: “Mi sono liberato dalla timidezza, ma resto un tipo discreto”

Anni di recitazione hanno migliorato le cose, ma Lino Guanciale resta un tipo riservato. E sua moglie, di questo, gli è molto grata

 

«La popolarità è arrivata che avevo già trent’anni», racconta Lino Guanciale. «Mi fa piacere ma la considero un mezzo, non è mai stata un obiettivo». L’attore protagonista della fiction L’allieva con Alessandra Mastronardi, si intimidisce un po’ quando parla del suo successo.  Eppure se potessimo contare gli spettatori delle sue fiction probabilmente andremmo ben oltre i 100 milioni. Soltanto con la serie tivù di Rai ( la terza stagione, è in onda dal 27 settembre), ha totalizzato circa cinque milioni per ognuno dei 23 episodi, facendo il bis o quasi con le repliche dello scorso maggio.

E ora il 41enne attore abruzzese diventato volto di punta del piccolo schermo (fra gli altri titoli, Non dirlo al mio capo e La porta rossa) ha conquistato anche il ruolo de Il commissario Ricciardi, nato dalla penna di Maurizio de Giovanni e in arrivo sempre sui Rai1 nei prossimi mesi. Lino Guanciale si sta anche preparando a un set internazionale rimandato per la pandemia. La nuova serie tv Sopravvissuti, racconterà le disavventure di un gruppo di naufraghi partiti in nave da un porto italiano. «Sono sempre alla ricerca di progetti che mi facciano crescere e mi insegnino qualcosa. Non ho mai lasciato il teatro» racconta.

Tra gli ultimi spettacoli che  ha portato in scena, un omaggio a Ennio Flaiano, Non svegliate lo spettatore, e Fuggi la terra e le onde. In più Lino Guanciale è direttore artistico del Teatro dei Marsi ad Avezzano, la sua città natale in Abruzzo. «Forse è anche per questo che non mi sono mai montato la testa: non ne ho avuto il tempo». In quest’anno speciale a luglio ha trovato anche il tempo per le nozze con Antonella Liuzzi, manager.

Tra teatro e televisione

Ne L’allieva interpreti il medico legale Carlo Conforti. Tuo padre è un dottore, tuo fratello uno psicoterapeuta e tu stesso volevi iscriverti a Medicina, dopo il liceo. Strane coincidenze…
«Già, la famiglia Guanciale ha dato molto al settore sanitario! Scherzi a parte, mio padre è sempre stato un modello per me: è uno di quei medici che tengono molto al rapporto umano. Anch’io ho avuto voglia di tentare quella strada ma, dopo aver passato il test d’ingresso, ho deciso di rinunciare a Medicina per seguire la mia passione più grande».

Allora giocavi anche a rugby, quasi da professionista.
«Vero, fino a vent’anni ero un atleta interessante della nazionale giovanile e, anni dopo, quando frequentavo l’Accademia nazionale d’arte drammatica, ho visto diventare professionisti alcuni miei compagni».

Quando hai iniziato a pensare alla recitazione?
«Difficile dirlo, perché per molto tempo non mi sono neppure confessato questa aspirazione. A 5 o 6 anni i miei mi portarono a vedere La voce della luna di Fellini e da allora sono sempre stato affascinato dalle storie raccontate per immagini. Al liceo animavo i cineforum e pensavo che per me sarebbe stata una passione da amatore. Solo a 19 anni ho messo piede sul palcoscenico e per la prima volta, interpretando altri personaggi, ho sentito una connessione immediata col pubblico e gli altri interpreti, ho provato un senso profondo di libertà sentendo cadere ogni maschera. È questo che mi ha fatto decidere di vincere la paura».

Che tipo di paure? C’era anche una dose di timidezza?
«Temevo fosse un mondo difficile. Ed ero anche timido, eccome. Oggi va meglio da quel punto di vista, mi sono liberato della timidezza. Ma resto una persona profondamente discreta».

Della professione medica ti attirava probabilmente anche l’aspetto umanitario? Da tempo tu sei testimonial dell’UNHCR, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati.
«Proprio così. Come testimonial ho fatto dei viaggi che mi hanno molto toccato, l’ultimo in Etiopia l’anno scorso. Ci tengo a usare la popolarità per sensibilizzare il pubblico sulle emergenze umanitarie».

Come cambia Carlo Conforti nella nuova stagione de “L’allieva”

Il tuo personaggio ne L’allieva, invece, Carlo Conforti, è un tipo cinico. Cambia qualcosa in questa terza stagione?
«Stavolta lo vedremo meno sicuro di sé perché la sua “allieva” (Alessandra Mastronardi, ndr) diventa più autonoma e lui, che ne è anche innamorato, entra un po’ in crisi quando gli equilibri tra loro cambiano. Mi piace che un personaggio evolva, lo rende più interessante al pubblico e a me come attore».

Ti sei fatto le ossa a teatro e sei stato diretto al cinema da Michele Placido, Pappi Corsicato e pure Woody Allen in To Rome With Love. Qual è il ruolo di cui vai più orgoglioso?
«Due anni fa ho ottenuto il premio Ubu per La classe operaia va in paradiso, che ho portato in tournée, e sono contento che la comunità teatrale mi abbia riconosciuto come attore-ponte fra palcoscenico e schermo. Anni fa la fiction era vista come un mezzo minore ma la mia generazione, per fortuna, sta cambiando questa mentalità».

Che rapporto hai con la popolarità, ti infastidisce?
«In realtà no, sono grato e anche sorpreso dell’affetto che il pubblico mi dimostra. Se mi chiedono foto o autografi per strada non mi tiro indietro, l’unica cosa che non sopporto è la maleducazione».

E tua moglie come la prende?
«Lei si sente protetta dalla mia discrezione. In realtà ci sentiamo entrambi protetti uno dall’altra».

Lino Guanciale: «dopo il lockdown il lavoro in tv è ripreso bene. Ma il teatro sta soffrendo ancora molto»

Dal regista Luca Ronconi hai imparato a lavorare moltissimo. Ora che sei sposato cambiano le priorità?
«Nel 2006 ho recitato in due dei suoi cinque spettacoli realizzati per le Olimpiadi invernali di Torino: a 25 anni mi ha formato vedere quali risultati si ottengono puntando sulla qualità. Fare esperienze così forti a inizio carriera ti porta a tenere alta l’asticella, anche lavorando moltissimo. Ho la fortuna di dormire poco, ma spesso penso che mi servirebbero giornate di 40 ore. A volte sogno di avere il tempo di stendermi sull’erba di un parco a leggere un libro o prendere il sole. È ovvio che ora, sposandomi, ho scelto di dare più spazio alla vita di coppia».

Come hai usato il lungo periodo trascorso in lockdown?
«In effetti ne ho approfittato per leggere e studiare. Poi tutto è ripartito a bomba in televisione, mentre i teatri fanno molta più fatica. Ma anche ad Avezzano stiamo studiando spettacoli e iniziative per dare una spinta alla ripresa».

Terminata L’allieva ritroveremo Lino Guanciale nella Napoli degli anni 30, protagonista della serie Il commissario Ricciardi. A proposito, abbiamo visto strane immagini di te con un ricciolo in mezzo alla fronte…
«Il ciuffo e l’aria da alieno fanno parte del personaggio: Ricciardi è un osservatore, a volte un po’ trasandato, più concentrato sulle indagini che su se stesso. Che effetto mi ha fatto? Un gran caldo! L’abbiamo girato d’estate e sul set ero sempre in cappotto».

Di Carla Tenenti