Lo chiamavano David Bowie, ma anche Ziggy Stardust. Questo il nome del personaggio immaginato da Bowie e il titolo del concept album del 1972 vetta del glam rock, genere che mischiava musica e performance. A questo personaggio straordinario e al suo geniale autore scomparso solo una settimana fa, è dedicato il libro Ziggy Stardust – La vera natura dei sogni di Luca Scarlini, saggista drammaturgo e storyteller che add editore pubblica il 28 gennaio (pagg. 112, € 12).
Un volume che ha il merito di portare il lettore nelle scene, nei teatri e nella vita di una rockstar inimitabile anche nello stile: androgino, punk, elegantissimo tanto che la BBC in una storica classifica lo definì “il britannico meglio vestito di tutti i tempi”, prima anche di Her Majesty la Regina. Scarlini non ha mai incontrato Bowie ma ha studiato, per questi racconti, il lavoro di chi per anni ha curato il guardaroba infinito di Bowie. In primis Freddie Burretti che si era trasferito nell’abitazione del cantante a Haddon Hall per curare i suoi outfit sul palco e nella vita di tutti i giorni. Fu lui, si racconta nel libro, a creare l’abito che Bowie indossa nel video di Life on Mars (e che fu poi ripreso da Jessica Lange in un episodio di American Horror Story: Freak Show). E la fase successiva, quando le forme magrissime del cantante incontrarono il mondo di Kansai Yamamoto. Abbiamo fatto qualche domanda allo scrittore.
In quali tratti, nel passaggio tra Ziggy Stardust e Lazarus, il suo ultimo video, la personalità di David Bowie è rimasta inalterata?
«Ziggy era nato in un momento di felicità, il primo, mentre Lazarus racconta la fine dell’artista. Rimane inalterata la figura profetica di Bowie, quella a cui molti altri artisti, nel tempo, hanno rinunciato, come ad esempio i Rolling Stones. Anche se, senza di loro e la loro musica, Bowie non sarebbe mai esistito».
Bowie ha sempre giocato molto con la sessualità, divertendosi a creare l’equivoco e a glissare sul tema. Quanto e soprattutto cosa deve il mondo LGBT alla sua figura?
«Il suo apporto alla causa LGBT è fondamentale. Con Bowie i cantanti smettono di essere machi. Ha giocato con diverse identità sessuali, ha introdotto nei concerti lo sfarzo, la moda il teatro. Anche se ha molto insistito sul fatto che non voleva essere il portavoce di nessuno».
Di Bowie lei ha scritto che “è stato nutrito dal mondo della moda e in qualche modo l’ha alimentata”. Quale artista, magari cantante come lui, si avvicina almeno un po’ alla sua figura, chi può “vantare” un carisma così spiccato?
«Come lui a mio avviso c’è stata solo Amy Winehouse. Non tanto per il guardaroba ma per lo stile retro unico».
Immagino che lei abbia amato, come tutti, anche la sua musica.Quali sono pI suoi tre pezzi del cuore di David Bowie?
«Non ho duibbi: Life on Mars, All the Madmen e soprattutto Suffragette City».
di Elisabetta Sala